SEZIONE FAQ
Le mie risposte alle domande più frequenti che mi vengono poste
I bambini arrivano accompagnati dal genitore o da un adulto, al loro ingresso sarà consegnato loro il proprio passaporto.
Inizia così il viaggio da Senny English Club, dove si parla solo e solamente in inglese.
Salutiamo gli adulti, aspettiamo che arrivino tutti i compagni e iniziamo l’attività di gruppo.
Andiamo via via a scoprire insieme le diverse aree di apprendimento: dalla musica all’attività fisica, dall’art & craft alla lettura, dal percorso sensoriale alle attività in giardino.
Al Senny English Club non c’è spazio per la noia!
Il tempo trascorso qui è un continuo stimolo giocoso, rigorosamente in lingua inglese.
I bimbi più piccoli (8-24 mesi) dovranno essere accompagnati. Insieme a loro canteremo, leggeremo libri e useremo dei pupazzi morbidi e colorati che, poverini, l’italiano non lo capiscono e parlano solo in inglese.
La risposta alla domanda dipende esclusivamente dal risultato che si desidera ottenere. Se si vuole ottenere un risultato naturale, in termini di bilinguismo, prima agiamo e meglio è.
Se stimoliamo il bambino fin dalla nascita è meglio rispetto a farlo a partire dai 3 anni. A 3 anni è meglio che a 7. Ecc…
Insomma, oggi è meglio di domani.
Inoltre la pronuncia corretta è più difficile da ottenere oltre gli 11 anni, e ciò accade per motivi organici riguardanti lo sviluppo ontogenetico del cervello.
Il cervello processa in modo diverso la lingua a seconda dell’età in cui la acquisisce. Le lingue (o le singole parole) che si imparano presto nella vita stimolano l’attività temporale e la parte più uditiva del cervello e implicano una elaborazione più sensoriale.
Comprensibile avere questo dubbio, ma non c’è da preoccuparsi!
Le neuroscienze hanno dimostrato che i bambini sono in grado di distinguere perfettamente le varie lingue alle quali vengono esposti fin dai primi anni.
Si chiama code-switching: il bambino, volendo esprimere un concetto in una lingua e non trovando la parola, cerca il corrispondente nell’altra. Lungi dal trattarsi di confusione, si tratta al contrario di un espediente cognitivo estremamente sofisticato, segno di buone competenze comunicative e di conoscenza linguistica.
Chiamiamola pure “consapevolezza linguistica”, non certo confusione!
Spesso sentiamo dire che i bambini con difficoltà di apprendimento, dislessia, autismo, ecc. non possono imparare un’altra lingua, e soprattutto che potrebbe danneggiare l’apprendimento della loro lingua madre.
Fake news!
Le ultime ricerche identificano nel bilinguismo una risorsa in grado di prevenire e risolvere alcuni comuni disturbi dell’apprendimento come la dislessia. Nell’ambito di un progetto europeo congiunto tra Italia e Svizzera su Dislessia e bilinguismo i ricercatori concludono che:
“le abilità in cui il soggetto con dislessia tende ad essere carente sono spesso punti di forza nel soggetto bilingue. Ci chiediamo dunque se sia sensato ipotizzare che favorire il bilinguismo possa in qualche modo costituire una sorta di intervento “preventivo”, che vada a rinforzare le aree cognitive e linguistiche deficitarie in chi ha un DSA”.
Prima di tutto sfatiamo un mito:
diventare bilingue non è difficile. Nel mondo ci sono più persone bilingue rispetto a chi parla solo una lingua.
Chiariamo subito che non c’è nessun trucco genetico per imparare una lingua: non è necessario che una persona sia un genio perché diventi bilingue o trilingue. E’ solo necessario che sia immerso nella lingua.
Le singole lingue che conosciamo, infatti, provengono dagli input a cui siamo esposti nella nostra vita.
Se il bambino frequenta il corso con regolarità, è possibile assicurare un altissimo livello di comprensione e di inglese parlato.
L’intento principale è innanzitutto far amare la seconda lingua al bambino, affinchè poi l’apprendimento sia per lui più facile e piacevole nel tempo.
Se ami l’inglese, impararlo è un piacere!
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